giovedì 15 gennaio 2004

Thor X


Thor X * (ITA 2004, col, pag. 48) Soggetto: Dan Jurgens. Disegni: Tom Raney, Scott Hanna. Nel cielo di New York si materializza un’isola. Spinti ad indagare, l’Uomo Ragno ed i delegati delle Nazioni Unite si trovano a patteggiare con il mitico Thor, obnubilato dal potere acquisito alla morte del padre degli Dei, Odino.
Racconto tratto dalla serie americana “Thor” del 2002, ripubblicato in questa monografia per i dieci anni della casa Marvel Italia [X sta per “dieci”]. Arricchita di materiale iconografico e redazionali che pubblicizzano le altre collane della casa modenese, la pubblicazione è però soprattutto un grande “mi ricordo”, a firma degli editor italiani, del direttore responsabile, e di vari collaboratori. Clima festoso e fotografie degli insider, per un’operazione tutta dedicata agli addetti ai lavori.

venerdì 15 agosto 2003

Batman Illustrated by Neal Adams Vol. 1

Batman Illustrated by Neal Adams Vol. 1 *** (USA 2003, col, pag. 240) Soggetto: Leo Dorfman, Cary Bates, Bob Haney. Disegni: Neal Adams, Dick Giordano, Carmine Infantino, Vince Colletta, Curt Swan, Joe Kubert. Col nuovo millennio, la DC Comics decide di azzerare tutte le bizzarre ristampe [paperback in bianco e nero, miniserie ricolorate, ecc] che ripresentavano l’opera di Neal Adams per Batman – titanico sforzo, in quantità, ma soprattutto per le intenzioni dell’artista di riportare il detective incappucciato alle cupe atmosfere delle origini [fine anni ‘30]. L’impatto che ebbe Adams nella cultura pop americana è ben più vasto del suo lavoro a fumetti. Coetaneo di Lennon e Dylan, era pressato dall’urgenza [per alcuni anni lavora nella pubblicità, poi nelle strisce quotidiane] di partecipare/contribuire alla wave degli anni sessanta. Molto correttamente, in questo primo volume – di tre complessivi – la DC mette assieme tutta la produzione di Adams in un preciso periodo [1967-1969] delimitato a monte dai suoi esordi psichedelici nell’Estate dell’Amore [la saga di Deadman ], a valle dal rock crepuscolare degli episodi scritti da Denny O’Neil che troveremo nei volumi successivi. Che questa fase sia di transizione, è confermato dalla provenienza delle storie: la classica serie “The Brave and the Bold”, che, pubblicata discretamente in parallelo con i best-seller “Detective Comics” e “Batman”, trova il suo appeal nel presentare Batman in coppia, ogni numero, con un eroe diverso della casa editrice [qui Superman, Flash, i Giovani Titani, Creeper, Aquaman, lo stesso Deadman]. Ma il volume è anche “due libri in uno”: oltre a nove lunghe storie di tono poliziesco, c’è l’intera raccolta di copertine che Adams offriva ad altri autori, e dove già sperimentava le oscurità dell’icona uomo-pipistrello. Perciò il volume è programmaticamente anche un “libro d’arte” - con le sue dimensioni da coffe table, la carta patinata ed il resto. Per i lettori italiani che leggevano le edizioni Mondadori dell’epoca, quasi tutto [storie e copertine] è impresso nella memoria. E la fine di questo volume coincide quasi esattamente con le ultime pubblicazioni della casa di Segrate, prima della rinuncia di tradurre i supereroi americani. Alle nuove generazioni sono invece riservate le colorazioni computerizzate, ricche di effetti speciali. Batman anni ’70 si allinea alle produzioni attuali statunitensi [ipertrofie e fotoritocchi], obnubilando la ricchezza espressiva dell’artista newyorkese, e sofisticando un prodotto che confonde e sovrasollecita i sensi. Neal Adams comunque è stato attivamente consultato per tutta l’opera: contribuisce con illustrazioni, supervisiona il restauro delle tavole, scrivendo anche una bella introduzione – dove si scusa per il prezzo del volume [49,99 dollari]. In Italia il libro, stampato però in Spagna, arriva nel 2007, a prezzo accessibile, ma con una lunghissima lista di svarioni.

martedì 27 maggio 2003

lunedì 26 maggio 2003

Hulk Gray

Hulk Gray *** (USA 2003, col, pag. 160) Soggetto: Jeph Loeb. Disegni: Tim Sale. La pluripremiata ditta Jeph Loeb & Tim Sale torna alla Silver Age della Marvel Comics, questa volta per concentrare la propria bravura sulla breve vita [editoriale] del titolo “Hulk”, curato con altrettanta maestria, per soli sei numeri, da Stan Lee & Jack Kirby tra 1962 e 1963.
Ed è proprio in una di quelle notti Kennedyane, che il dottor Bruce Banner, investito da un’esplosione nucleare, si trasforma nel suo mostruoso doppio “Hulk”. Appoggiato dal giovane beat Rick Jones, braccato dallo psicotico Generale Ross, temuto ma placato dalla figlia di quest’ultimo, Betty, il potente gigante verde semina distruzione tra le sculture naturali del Gran Canyon, contro proiettili che rimbalzano, carri armati che volano, montagne che si sgretolano – fino ad un classicissimo scontro, veramente molto “era dell’argento”, con lo scintillante Iron Man.
I due talentuosi revisionisti Loeb-Sale, tornati nel luogo del delitto che li aveva portati già ad esplorare gli esordi di Daredevil e di Spiderman, mantengono la medesima fluidità narrativa, e le atmosfere a mezza via tra il racconto dell’anima e l’elegia funebre.
Se resta sorprendente l’abilità d’appassionare e coinvolgere nel formato volume [che raccoglie l’originale “miniserie”] - difficile da lasciare per un istante -, pure fa capolino un’incertezza rispetto alle altre opere sui supereroi Marvel - soprattutto l’ultimo “Spiderman Blue”.
C’è qui un forzato utilizzo della craftsmanship - una perizia consolidatasi nelle prove precedenti, ma gli autori non ritrovano l’emozione, il doloroso filo conduttore che costringeva i protagonisti lungo quei viaggi a ritroso.
Ispirandosi dichiaratamente al mostro di Frankenstein di Boris Karloff, e velatamente ad alcune tematiche psicoanalitiche dell’era Peter David, i due artisti si perdono soprattutto nell’impossibilità di identificare il Mostro – i cui atti Banner ricorda a malapena – col lettore.
Un occasione parzialmente perduta, che non manca tuttavia di dare nuova linfa al filone dei “super problemi” del primissimo Stan Lee – che siamo spinti a rileggere più spesso del suo “Grigio” remake.


sabato 24 maggio 2003

Autobiographix


Autobiographix *½ (USA 2003, b/n, pag. 104) Soggetto: Frank Miller, Sergio Aragonés [Sergio Aragonés Domenech], Will Eisner [William Erwin Eisner], Jason Lutes, Paul Chadwick, William Stout, Bill Morrison, Linda Medley, Diana Schutz, Matt Wagner, Eddie Campbell Fabio Moon [ignoto], Gabriel Bà [ignoto], Stan Sakai, Metaphrog [Sandra Marrs, John Chalmers], Richard Doutt, Paul Hornschemeier. Disegni: Frank Miller, Sergio Aragonés [Sergio Aragonés Domenech], Will Eisner [William Erwin Eisner], Jason Lutes, Paul Chadwick, William Stout, Bill Morrison, Linda Medley, Arnold Pander, Matt Wagner, Eddie Campbell, Fabio Moon [ignoto], Gabriel Bà [ignoto], Stan Sakai, Metaphrog [Sandra Marrs, John Chalmers], Richard Doutt, Farel Dalrymple, Paul Hornschemeier. La casa editrice Dark Horse – che dal 1986 promuove il fumetto d’autore statunitense ed internazionale [pubblica anche Dylan Dog], commissiona ad alcuni dei propri fumettisti il tema del racconto breve autobiografico. Gli autori più noti [Will Eisner, Frank Miller] sono incaricati di aprire il volume, ma tra tutti svetta Sergio Aragonés, già stimato per i trascorsi nella rivista satirica “Mad”, che ironizza su un suo antico incontro con Richard Nixon. Anche Eisner delizia con un prologo ideale al romanzo grafico “Il sognatore”: qui, anziché focalizzare sui primissimi anni da professionista, ripensa addirittura a quando bussava alle case editrici coi disegni sotto braccio.
Le storie rimanenti sono prevalentemente imperniate su aneddoti di lavoro e viaggi, due aspetti della vita sociale che gli statunitensi amano esibire. Per questo – Eisner non fa eccezione – la magia della creazione del fumetto d’intrattenimento e d’avventura non soccorre questi professionisti allo specchio delle loro brame.
La raccolta è uscita in Italia col titolo “Autobiografico – vite a fumetti”, con una nuova veste grafica che sottolinea la presenza di Eisner nel volume.

lunedì 31 marzo 2003

Tex

Tex * 1/2 (Ita 2003, b/n, pag. 272) Soggetto: Gianluigi Bonelli. Disegni: Giovanni Ticci. Questo volume dedicato a Tex assunse una rilevanza tutta speciale alla sua uscita: era infatti il primo numero in commercio della serie "I Classici del Fumetto di Repubblica" - quello precedente, dedicato a Corto Maltese, fu distribuito gratuitamente col diffuso quotidiano del Gruppo L'Espresso -, dopo un battage pubblicitario a suon di spot televisivi, e tutto considerato, con la grande attesa di addetti ai lavori, curiosi ed appassionati - si vociferò d'una tiratura attorno alle 600.000 copie. Epperò, l'antologia perfetta dell'eroe più longevo ed amato del fumetto italiano, scontentò tutti. I neofiti non fanno conoscenza nè del Tex del periodo strepitoso di Galeppini, fin dai primi albetti a striscia, nè della produzione recente, ben rappresentata dal segno pulito e sofisticato di Claudio Villa; nel mentre i lettori di vecchia data non ritrovano, magari con rassicurante piacere, le storie più belle destinate a rimanere su albi ingialliti dal tempo - ma neanche qualche rarità. Solo due lunghissimi racconti: saggi di mestiere, prodotti in un periodo intermedio [1977 e 1982], a riempire qui un volumetto che molti hanno lasciato in edicola, dissuasi da mediocrità e prevedibilità. Con lo stupore che suscita l'operazione, s'accompagna il dubbio su quali sarebbero risultate le vendite [non la tiratura], in questa irripetibile circostanza, d'una selezione d'avventure che accontentasse soprattutto quegli ultimi [ed in definitiva tutti].

domenica 2 luglio 2000

The House on the Borderland


The House on the Borderland *** (USA 2000, col, pag. 96) Soggetto: Simon Revelstroke. Disegni: Richard Corben. Due giovanotti, in scampagnata per la fascinosa Irlanda dei piccoli villaggi, s’imbattono in una casa in sfacelo ed isolata, dove trovano un manoscritto. Da esso apprendono che l’ultimo proprietario dell’inquietante maniero, accompagnato solo dalla sorella e dal cane, aveva laggiù abbandonato i rapporti col resto del mondo, solo per trovarsi assediato da creature suine dalle intenzioni indicibili. Succube d’una vita d’indistinguibile mistura tra incubo apocalittico e realtà di follia, l’autore dello scritto assiste persino allo spegnimento del sole, finché si autodestina, in un futuro d’inverni perenni, a vigilare sul “confine” che separa le creature dell’abisso dal mondo di cui vorrebbero impossessarsi. Lunga novella del 1908 di William Hope Hodgson – che cita evidentemente il Poe della Casa degli Usher, e sarà di grande ispirazione per Lovecraft [che già riconosceva i meriti dell’autore irlandese, ma con certa ritrosia] –, è qui adattata alla forma fumetto da due autori consolidati, che decidono di rispettare il racconto in prima persona a più livelli – l’io narrante legge il manoscritto nei propri ricordi, ed il manoscritto stesso racconta di sogni e fantasie -, oltre all’intrinseca incomprensibilità di molti passaggi e del finale. Se Revelstroke si è attirato pletore di critiche per la fedeltà/infedeltà dell’adattamento, un Richard Corben misurato regala momenti di grande fascino grafico, e traduce in “spiegazioni” visive il fiume di parole con cui – in ritardo già nei primi anni del secolo – Hodgson intendeva evocare gli angeli d’oscurità che s’annidano nell’animo umano [il romanzo moderno, in contemporanea o di lì a poco, lo supererà ampiamente su altri registri e migliori obiettivi].
Molto buona la confezione del volume USA Vertigo, ed anche dell’edizione italiana, che presenta una traduzione dall’inglese adeguata allo sforzo – parzialmente centrato - del duo artistico.
Prefazione – evasiva – di Alan Moore.


giovedì 29 giugno 2000

Hellblazer: Hard Time


Hellblazer: Hard Time ***½ (USA 2000, col, pag. 128). Soggetto: Brian Azzarello. Disegni: Richard Corben. L’inglese John Constantine sta scontando una condanna a trentacinque anni in un carcere statunitense. Appena entra, viene messo al corrente sui diversi gruppi sociali – italoamericani, musulmani, portoricani -, e sulle regole non scritte che i detenuti riconoscono. Eppure preferisce lo scontro diretto con chiunque, salvo un’opportuna amicizia con l’anziano ergastolano che si autodefinisce capo della comunità carceraria. In realtà quest’ultimo attende il momento opportuno per incastrare il neo-arrivato per l’omicidio di una guardia. Ma Costantine ha degli assi nella manica: sobilla una sanguinosa rivolta, e la sua influenza sui compagni diventa strumento per crudeli rese dei conti.
Pubblicato in cinque episodi nella collana DC/Vertigo “Hellblazer” nel 2000, questo racconto con protagonista lo stregone John Constantine è raccolto poi in singolo volume paperback: pretestuosamente un fumetto mainstream, appare piuttosto un romanzo grafico sui generis. I due autori – Brian Azzarello scrive anche “100 Bullets” per la stessa linea editoriale, Richard Corben è ragionevolmente l’iniziatore nel 1975 della tradizione del graphic novel – producono una storia la cui autonomia narrativa è un escamotage – forse voluto dai businessman della grande casa di fumetti DC - per conquistare i lettori occasionali. La crudezza della vicenda [il detenuto impopolare a cui servono minestra con vetro tritato; il traditore a cui è mozzata la lingua] percorre i cliché del racconto epico urbano novecentesco post-esistenzialista offerto alle masse-compratori: infatti l’inferno – l’antagonista ideale della collana “Hellblazer” –, e la somma di molti esseri umani irrefrenabili, si equivalgono. Ad elevare un’opera di forti emozioni splatter verso notevoli risultati artistici, interviene soprattutto lo stile antinaturalista di Corben, che ritrova sé stesso nelle radici d’auto-produzione anni ’60 - comunque l’intesa tra i due autori, assai diversi d’età e per riferimenti, è ammirevole. Le poche note stonate, tra cui una chiusura frettolosa – Costantine verrà liberato su due piedi da un agente plenipotenziario dell’F.B.I. –, e l’eterogeneità di genere – dal carcerario all’horror [non dichiarato, quest’ultimo, ma atteso dal target], al melò - sono accettabili in virtù dell’impegno sopra la media - e del grande amore con cui è proposto un fumetto altrimenti uniformemente disturbante.
In Italia esce – pure - in cinque parti, nella rivista “Vertigo Presenta” con ottimo adattamento italiano, ed una intenzionale carenza di apparato critico.

giovedì 15 luglio 1999

Adastra in Africa

Adastra in Africa *** (USA 1999, b/n, pag. 56) Soggetto: Barry Windsor-Smith [Barry Smith]. Disegni: Barry Windsor-Smith [Barry Smith]. Nel cuore dell’Africa Nera la dea Adastra porta acqua e vegetazione in un villaggio afflitto dalla carestia. A questo popolo tragico è chiesto però un ultimo sacrificio.
Favola dolceamara nel più autentico stile di Barry Windsor-Smith, da un lato ancora memore della collaborazione artistica con Chris Claremont, dall’altro entusiasticamente fiducioso nel nuovo corso della sua avventura editoriale “Storyteller”. Opera breve ed intensa, va amata come poesia, accettata nella sua vaga ed evocativa ispirazione Joyciana, e compresa per la sua particolarità sperimentale: Adastra “pensa” [tutta la prima parte utilizza solo didascalie in prima persona] come nei versi del Grande Bardo, ma “parla” lo slang dei quartieri popolari di New York. Altrettanto i disegni, in bianco e nero [prima prova senza il colore per Windsor-Smith, se escludiamo qualche antico fumetto su “Epic Illustrated”], sono un dialogo privato tra l’artista ed il suo immaginario, persi in mille dettagli al limite della leggibilità, a discapito delle profondità di campo, e solo lontanamente al servizio della sceneggiatura. Una prova di coraggio, se possibile da amare senza chiedere altro.
L’edizione italiana, arrivata solo nel 2005, manca l’obiettivo di trovare un registro linguistico per le didascalie di gusto elisabettiano – ed è un peccato.

venerdì 4 giugno 1999

Figate


Figate *** (ITA 1999, col e b/n, pag. 100) Soggetto: Filippo Scòzzari. Disegni: Filippo Scòzzari. Non si tratta di una raccolta a fumetti propriamente detti, ma d’una ragionata selezione di illustrazioni che Scòzzari nei quindici anni precedenti l’uscita del libro, ha pubblicato un po’ ovunque, da Frigidaire, a – la parte più corposa – la rivista Blue, diretta dallo stesso Francesco Coniglio qui curatore del volume – oltre ad una sezione inedita realizzata appositamente: disegni e dipinti a soggetto Suor Dentona.
Se il volume è studiato soprattutto per rendere disponibile ad un pubblico meno di nicchia, rispetto a quello della citata Blue, le molte opere realizzate da Scòzzari per il mensile erotico, ciò ha un senso preciso, perché quegli anni [primi ‘90] hanno rappresentato nuova linfa artistica per il maestro del fumetto italiano – valendogli, cosa più importante tra molti riscontri possibili, il plauso e lo stupore di colleghi, vecchi e nuovi compagni di cordata, che a questo approccio “d’elite ” si sono poi ispirati, nutriti, ricaricati.
Pertinente dunque la confezione extra-lusso: grande formato, copertina cartonata, stampa d’altissima qualità – anche se Scòzzari, autore anche del bel progetto grafico, non ci concede di riporre finalmente negli scaffali qualcosa di completo, esauriente, definitivo. Giocando infatti col lettore, il co-fondatore di Frigidaire cambia titoli alle illustrazioni rispetto alla prima pubblicazione, o successive esposizioni in gallerie; le date scritte a mano sulle tavole sono spesso di pura fantasia; alcuni – molti – disegni sono ritoccati, camuffati e re-inventati. Anche studiando la filologica mappa nelle ultime due pagine del libro, ci si trova alla partenza verso una caccia ad altri volumi, vecchi albetti, nuove mostre – ove finalmente catturare un lavoro in perenne progresso, di per sé inafferrabile.
Niente fumetti, dunque. Ma se il viaggio nel “new deal” Scòzzariano, che ama citare amabilmente solo sé stesso, si nutre d’una foll[i]a di riferimenti multimediali - le caratterizzazioni tardo impressioniste alla Toulouse-Lautrec, i gusti cromatici pop di Peter Max, il grottesco pre-rinascimentale di Hieronymus Bosch - sono ancora i comics underground USA, l’onirico Moebius, il nuovo fumetto digitale, a motivare la matita dell’autore - dunque questo libro è “anche” un unico lungo fumetto, da leggere/sfogliare con la stessa passione che ha fatto amare a tre generazioni “La Dalia Azzurra” e “Dottor Jek”.
Il volume, per sua stessa vocazione, è stato distribuito internazionalmente - con riconoscimenti che meritano quanto il libro: un noto rivenditore d’arte erotica e bizzarra statunitense lo segnala come “very disturbing” – che, considerato il tono incensatorio dello strillo promozionale, dev’essere un bel complimento.
“Figate” ha ricevuto la nomination al Comicon di Napoli del 2000, nella categoria “miglior disegnatore dell’anno”.


martedì 4 maggio 1999

Diabolik – Il re del terrore

Diabolik – Il re del terrore ** 1/2 (Ita 1999, b/n, pag. 128) Soggetto: Angela Giussani, Luciana Giussani. Disegni: non accreditati. Il ricco affarista Stefano Garian torna da un soggiorno di lunghi anni in India, in occasione della maggior età del figlio Gustavo – che entrerà in possesso di una grossa fetta del patrimonio di famiglia. Ma la sera precedente l’arrivo, alla suntuosa villa della cugina di Garian padre - la donna ha cresciuto Gustavo come un figlio – quest’ultima viene brutalmente uccisa. Dopo una serie di colpi di scena [tra l’altro sembra che Gustavo si sia suicidato], padre e figlio scappano assieme, per evitare le conseguenze d’indagini di polizia che vedono proprio Gustavo principale sospetto, per un momento di follia omicida di cui pare non ricordare nulla.
Ristampa semi-anastatica del primo celebre numero della collana dedicata all’inafferrabile criminale Diabolik – uscito nel novembre 1962 -, ripropone la contorta trama in cui il “re del terrore” è demoniacamente onnipresente, senza che sia rivelato il suo ruolo, se non a vicenda inoltrata.
Le caratteristiche degli albi più standardizzati degli anni che verranno sono qui tutti tracciati: l’ispettore Ginko è una miscela di dedizione alla causa della legge e di amarezza per i continui fallimenti nella caccia a Diabolik; la terribile fama del protagonista in nera calzamaglia è l’argomento monopolizzante dei “pour parler” dei semplici cittadini; e Diabolik già uccide all’arma bianca senza esitazione o relazione alcuna col fatto che la vittima sia o meno un pericolo per lo stesso.
Privo ancora della nera Jaguar con cui siamo soliti associarlo, ed ancora lontana la bella Eva Kant, nelle sue apparizioni in borghese il criminale è un uomo glaciale, fascinoso e seduttore [alla fine della storia fuggirà in compagnia d’una inconsapevole ed innamoratissima infermiera, che ha avuto un involontario ruolo nella messa a segno del colpo di Diabolik], ed è rappresentato con uno stile nel disegno che attinge piacevolmente all’espressionismo astratto statunitense – anche se retini e tratteggi, utilizzati con quanto più anti-naturalismo possibile, rendono a volte illeggibili le vignette.
Le note critiche finali [ovviamente scritte nel 1999] ci spiegano come e quando, a partire dall’agosto 1964, quest’albo venne ridisegnato da un’altro artista, e riproposto sia nell’edizione originale sia in quella apocrifa, in una lunga lista d’occasioni. Ma, secondo la casa editrice di Diabolik Astorina, questa ristampa, concessa in licenza alla Max Bunker Press, è senza’altro quella definitiva.

lunedì 15 marzo 1999

300

300 **½ (USA 1999, col, pag. 88) Soggetto: Frank Miller. Disegni: Frank Miller. Nel 480 AC la penisola Ellenica è minacciata dagli eserciti di Serse, il re Persiano venerato come un dio. Leonida, condottiero di Sparta, ne uccide il messaggero in spregio alle leggi, e – dopo aver consultato l’Oracolo – si prepara con 300 valorosi verso una guerra apparentemente persa.
Frank Miller, il celebrato creatore di Elektra e della serie “Sin City”, con grande impegno manageriale ed artistico ricrea a fumetti la battaglia delle Termopili, la cui importanza è moderata per gli storici, ma che l’autore del Vermont amò nell’infanzia attraverso il film del 1962 “The 300 Spartans”. L’approccio Milleriano, digerito il polpettone cinematografico, è però adulto e colto. Assistito dalla moglie Lynn Varley ai colori, racconta la cupa figura di Leonida nei ricordi degli addestramenti adolescenziali, mentre saggia il morale delle truppe sul campo, ed infine in battaglia, dove si distingue per valore e strategie. La narrazione è cadenzata da alcune scene da immaginario collettivo [“torna col tuo scudo – o su di esso”], ed una sequenza in particolare – il rifiuto da parte di Leonida di arruolare lo spartano deforme – eleva le antiche lotte tribali Omeriche ad una assai accorata religione della guerra. Col piacere di ritrovare il disegno classico d’un autore che da anni lavora coi soli mezzitoni bruciati, restano le perplessità per una seducente successione di scene guerresche, sovrastate dalle campiture nere delle masse rocciose, dalla pioggia di lance, dove solo abili artifizi grafici differenziano amici e nemici – unici messaggi inconsci di Miller sugli spargimenti di sangue dovuti ad arroganza, monomanie militaresche [“vedi, vecchio mio? Ho più soldati di te”], ed incapacità al dialogo. Le connessioni con l’amministrazione Bush, ed il suo corrispettivo arabo Saddam Hussein, sono state notate molti anni più tardi, mentre l’opera riceveva ampio consenso, ed il prestigioso Harvey Award.
L’epopea dei 300 viene pubblicata su comic-book nel 1998, in formato – non a caso – “wide screen” su due pagine affiancate. Ristampato in volume orizzontale l’anno successivo, il fumetto è leggermente modificato dall’autore, per consegnare un volume coerente e di facile lettura. In Italia conserva il titolo originale in due edizioni quasi identiche.

sabato 23 gennaio 1999

Kriminal – Il re del delitto

Kriminal – Il re del delitto *** (Ita 1999, b/n, pag. 128) Soggetto: Max Bunker. Disegni: Magnus. Londra 1964: tre influenti soci in affari, Grant, Bruke e Harrison, proprietari della potentissima Ireland Petroleum, ricevono dei truci messaggi: l’aver estromesso il socio fondatore Logan, poi finito suicida, costerà loro carissimo. Quasi una vendetta dall’aldilà, una rapida successione di macabri eventi porterà dapprima alla decapitazione del figlio di Harrison in un incidente motociclistico, poi alla morte dei tre affaristi, secondo i modi più spietati possibile.

Prima avventura in assoluto dell’ispettore Milton e naturalmente del suo implacabile antagonista Anthony Logan – che apprenderemo essere figlio del socio suicida – che, nei panni dell’inafferrabile assassino Kriminal, ingaggia sullo sfondo di un thriller a base di quote azionarie rubate e giacimenti petroliferi miliardari, il primo dei numerosi scontri con l’integerrimo poliziotto della Corona.

Pubblicata in origine nell’agosto del 1964, questa ristampa, in numero unico semi-anastatico, rappresentò l’inizio della fortunata serie dedicata a Kriminal, che in breve giungerà addirittura ad una periodicità settimanale.

Considerata comunemente dagli storici del fumetto una testata inaugurata “sulla scia del successo ottenuto da Diabolik” [Fossati], circostanza peraltro ammessa dal creatore Luciano Secchi/Max Bunker, che ricicla la prima avventura del concorrente in vari punti – ad esempio il criminale viene introdotto ai lettori durante un ricevimento “bene”, tra le chiacchiere che riecheggiano una truculenta fama già acquisita -, e nonostante entrambi siano personaggi mascherati che colpiscono occultamente mediante un’intelligenza superiore, con un agire senza remore, ed entrambi siano dotati un magnetismo esercitato su affascinati quanto sfortunate esponenti del gentil sesso -, questo esordio dal duo Magnus & Bunker [duo destinato a divenire celebre] doppia di parecchie lunghezze, sia nelle competenze tecniche che nella qualità artistica, la propria fonte di ispirazione.

Metabolizzata egregiamente la lezione del cinema di Joseph Losey, Nicholas Ray, Elia Kazan, sul mal di vivere dei giovani “maudit” - portatori non del tutto consapevoli delle tematiche Sartiane -, Max Bunker miscela per il carattere del suo Anthony Logan le interpretazioni di Anthony Perkins in “Psyco”, di Warren Beatty in “Spendore sull’erba”, o lo stesso Mongomery Clift - ma lo vuole, graficamente, soprattutto a misura d’un Terence Stamp appena esordiente.

Il giovane disegnatore Raviola, qui semplicisticamente bollato dalla recente critica come acerbo, sciorina in 120 pagine a due sole vignette una folta serie di icone grafiche destinate a penetrare il gusto e gli standard della nona arte – dal viso falsamente innocente della moglie di Bruke, che torna da una notte con l’amante [lo stesso Kriminal], alla medesima che cade a terra percossa dal Re del Delitto, senza che sia rappresentata la violenza, o ad un Kriminal camuffato da vecchietta minuta e ricurva, fino alla Camusiana impiccagione di Bruke – mentre la tanto citata enfasi di sesso e violenza - come la morte in un film bellico -, è riscontrabile solo a ragione.

Nelle note del volume Max Bunker segnala questa ristampa come la prima nel formato libretto, dopo un unico precedente del 1989. In realtà l’episodio venne ripubblicato in appendice ad un numero doppio della serie regolare di Kriminal [il 250], ma con alcuni interventi di auto-censura.

Alla copertina, da questo numero uno in poi, e per quasi dieci anni, il bravo illustratore Luigi Corteggi.

domenica 15 novembre 1998

Le Sommeil du monstre **** (FRA 1998, col, pag. 69) Soggetto: Enki Bilal [Enes Bilal]. Disegni: Enki Bilal [Enes Bilal]. New York negli anni '20 del XXI secolo. Nike Hatzfeld, un uomo nato a Sarajevo sotto le bombe del conflitto Serbo-Bosniaco, ormai adulto, ha poteri speciali. Attira l’attenzione d’un ordine sovversivo, la doppia O, che tenta di soggiogarlo. Nike ha un legame con Leyla e Amir, due connazionali che altrove contrastano, senza piena coscienza, il tentativo della doppia O di manipolare gli adepti, e di controllare informazioni di importanza mondiale. Lo stesso Nike, credendo d’essere protetto da forze governative, si scontra con connivenze d’alto loco. Pur comprendendo parzialmente l’ordito, infine Nike riesce a scongiurare il pericolo incombente, ed a ritrovare Leyla.
Discepolo di Moebius ed eccellente rappresentante della Francia di Metal Hurlant, il serbo Bilal si allontana dall’impegno politico e dalla sociologia mediatica praticata in collaborazione con Christin, per tornare all’antico amore della fantascienza bionica, lungo una vicenda dalla perfezione strutturale, priva d’alcun debito verso letteratura e cinema. Gli artifizi narrativi – idiosincrasie per impianti protesici, convivenza con gli automi, bio-tecnologia al confine tra medicina ed ingegneria – sono il tallone d’Achille dell’autore, che dedica troppo tempo ad atmosfere e temi digeriti ed invecchiati. La messa in opera, delicati pastelli al disegno, ed adeguata interazione degli elementi testuali, è alto professionismo, al punto che l’autore astrae da essi liberandosi da qualsiasi ostacolo esecutivo. Pure, le tematiche che offrono spunti soprattutto su controlli tecnologici occulti, sono poco interessanti per l’autore stesso, e Bilal – nel suo accorato grido primale per la lacerante guerra in patria [tutto riservato alle didascalie] – guarda alle relazione sentimentali come unica dimensione umana salvifica. Tutto il resto è interferenza, che, da umile fumettista, riserva al contesto mediatico in cui è consacrato artisticamente.
Tradotta in Italia col titolo “Il sonno del mostro”, la graphic novel ha due seguiti: “32 dicembre”, e “Appuntamento a Parigi”. Un ulteriore capitolo, “Quattro?” è uscito nel 2007.