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Ristampa semi-anastatica del primo celebre numero della collana dedicata all’inafferrabile criminale Diabolik – uscito nel novembre 1962 -, ripropone la contorta trama in cui il “re del terrore” è demoniacamente onnipresente, senza che sia rivelato il suo ruolo, se non a vicenda inoltrata.
Le caratteristiche degli albi più standardizzati degli anni che verranno sono qui tutti tracciati: l’ispettore Ginko è una miscela di dedizione alla causa della legge e di amarezza per i continui fallimenti nella caccia a Diabolik; la terribile fama del protagonista in nera calzamaglia è l’argomento monopolizzante dei “pour parler” dei semplici cittadini; e Diabolik già uccide all’arma bianca senza esitazione o relazione alcuna col fatto che la vittima sia o meno un pericolo per lo stesso.
Privo ancora della nera Jaguar con cui siamo soliti associarlo, ed ancora lontana la bella Eva Kant, nelle sue apparizioni in borghese il criminale è un uomo glaciale, fascinoso e seduttore [alla fine della storia fuggirà in compagnia d’una inconsapevole ed innamoratissima infermiera, che ha avuto un involontario ruolo nella messa a segno del colpo di Diabolik], ed è rappresentato con uno stile nel disegno che attinge piacevolmente all’espressionismo astratto statunitense – anche se retini e tratteggi, utilizzati con quanto più anti-naturalismo possibile, rendono a volte illeggibili le vignette.
Le note critiche finali [ovviamente scritte nel 1999] ci spiegano come e quando, a partire dall’agosto 1964, quest’albo venne ridisegnato da un’altro artista, e riproposto sia nell’edizione originale sia in quella apocrifa, in una lunga lista d’occasioni. Ma, secondo la casa editrice di Diabolik Astorina, questa ristampa, concessa in licenza alla Max Bunker Press, è senza’altro quella definitiva.
Le caratteristiche degli albi più standardizzati degli anni che verranno sono qui tutti tracciati: l’ispettore Ginko è una miscela di dedizione alla causa della legge e di amarezza per i continui fallimenti nella caccia a Diabolik; la terribile fama del protagonista in nera calzamaglia è l’argomento monopolizzante dei “pour parler” dei semplici cittadini; e Diabolik già uccide all’arma bianca senza esitazione o relazione alcuna col fatto che la vittima sia o meno un pericolo per lo stesso.
Privo ancora della nera Jaguar con cui siamo soliti associarlo, ed ancora lontana la bella Eva Kant, nelle sue apparizioni in borghese il criminale è un uomo glaciale, fascinoso e seduttore [alla fine della storia fuggirà in compagnia d’una inconsapevole ed innamoratissima infermiera, che ha avuto un involontario ruolo nella messa a segno del colpo di Diabolik], ed è rappresentato con uno stile nel disegno che attinge piacevolmente all’espressionismo astratto statunitense – anche se retini e tratteggi, utilizzati con quanto più anti-naturalismo possibile, rendono a volte illeggibili le vignette.
Le note critiche finali [ovviamente scritte nel 1999] ci spiegano come e quando, a partire dall’agosto 1964, quest’albo venne ridisegnato da un’altro artista, e riproposto sia nell’edizione originale sia in quella apocrifa, in una lunga lista d’occasioni. Ma, secondo la casa editrice di Diabolik Astorina, questa ristampa, concessa in licenza alla Max Bunker Press, è senza’altro quella definitiva.
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