Maus II: A Survivor's Tale: And Here My Troubles Began *** (USA 1992, b/n, pag. 144) Soggetto: Art Spiegelman. Disegni: Art Spiegelman. L’ebreo polacco Vladek Spiegelman è deportato nel campo di concentramento di Auschwitz all’inizio del 1944. Le sua capacità di adattamento gli valgono una serie di mestieri al campo, tra cui insegnante di inglese, stagnino, calzolaio - così sopravvive all’olocausto.
Questo lungo fumetto intreccia la biografia del padre dell’autore con il tempo presente, a New York, dove Spiegelman figlio riflette su fortuna e pressioni derivate dalla pubblicazione del primo tomo di “Maus”, dolorosa epopea di famiglia durante guerra e deportazione. Più del precedente volume, questa seconda parte brilla nella tecnica a fumetti e nel disegno. Il tallone d’Achille - come per altri libri, film e fumetti sull’argomento -, è il veicolare un messaggio d’odio, pur condannandolo. Le piccole frasi di riflessione sulla persona umiliata e ridotta al nulla, sono rare. La forza del racconto e gli eventi sovrastano tutto, ed anche qui il lieto fine è l’arrivo degli Alleati.
Ma il grande merito di Art Spiegelman è essere provetto cartoonist, ed utilizzare l’espediente della prima persona – il gioco di incroci presente/passato, attraverso i quali tutto è ricordo personale -, mutuandolo dall’underground del ‘68 e dintorni. Il libro, per svelare l’intima filosofia che lo sottende, andrebbe così idealmente letto, come fa l’autore, in compagnia di – domandandogli, ascoltandolo, commentando con lui – Spiegelman padre in carne ed ossa.
Questo lungo fumetto intreccia la biografia del padre dell’autore con il tempo presente, a New York, dove Spiegelman figlio riflette su fortuna e pressioni derivate dalla pubblicazione del primo tomo di “Maus”, dolorosa epopea di famiglia durante guerra e deportazione. Più del precedente volume, questa seconda parte brilla nella tecnica a fumetti e nel disegno. Il tallone d’Achille - come per altri libri, film e fumetti sull’argomento -, è il veicolare un messaggio d’odio, pur condannandolo. Le piccole frasi di riflessione sulla persona umiliata e ridotta al nulla, sono rare. La forza del racconto e gli eventi sovrastano tutto, ed anche qui il lieto fine è l’arrivo degli Alleati.
Ma il grande merito di Art Spiegelman è essere provetto cartoonist, ed utilizzare l’espediente della prima persona – il gioco di incroci presente/passato, attraverso i quali tutto è ricordo personale -, mutuandolo dall’underground del ‘68 e dintorni. Il libro, per svelare l’intima filosofia che lo sottende, andrebbe così idealmente letto, come fa l’autore, in compagnia di – domandandogli, ascoltandolo, commentando con lui – Spiegelman padre in carne ed ossa.
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