Marvel 1602 ** 1/2 (USA 2004, col, pag. 216) Soggetto: Neil Gaiman. Disegni: Andy Kubert. Nell’Europa secentesca della regina Elisabetta, dell’inquisizione, delle brame di potere che generano trame sordide e cruente battaglie tra grandi nazioni e piccoli regni in pericolosa ascesa, la fine del mondo non è più annunciata da isolati e funesti profeti: il cielo è pregno di fiamme, di scariche elettriche senza temporali – essa è qui.
La causa del tutto è una perturbazione nello spazio-tempo, che ha portato il “precursore” del ventunesimo secolo in questa epoca che non gli si addice, ma che non vuole abbandonare. I nostri super-eroi [è il caso di dirlo] - dopo molte peripezie, viaggi per terra e per mare, rendendo inoffensive le più diverse minacce collegate, ma anche in segreto conflitto, tra loro –, dopo morti e rinascite [ci rimette platealmente la pelle persino la regina Elisabetta] -, riusciranno a sistemare le cose, forse con improbabili, implicitamente annunciati, sviluppi futuri [il finale è aperto].
Originale tentativo di Neil Gaiman, al suo primo lavoro importante perla Marvel Comics , di adeguare i personaggi di Stan Lee all’anno di grazia 1602. Nick Fury è colui che previene e recide complotti ai danni della regina, Stephen Strange è il medico di corte, i Fantastici Quattro sono coraggiosi avventurieri dei mari, Thor è il segreto dei Templari, il Dottor Destino un monarca dell’Europa centrale che ambisce [pensa un po’] alla conquista del mondo.
I topos della Silver Age ci sono tutti [non mancano ragni radioattivi, mutanti buoni e cattivi, ciechi dotati di ultrasuoni, mostri verdi che, prima di un’esplosione che ne scatena la furia, erano timidi e “normali”], così la narrazione, soprattutto nella prima parte, è intrigante e ricca d’attese. Gaiman sceneggiatore non manca di citare il William Shakespeare dell’Enrico V, l’Alan Moore di Watchmen, e certo cinema videoclip degli ultimi anni – ma l’espediente d’interrompere continuamente l’azione nei momenti “clue” sa più di telenovelas – ed il finale scade nelle più scontate “Secret Wars”, venendo a mancare l’elemento sorpresa d’una spiegazione globale [che arriva poco dopo metà dell’opera], talmente raffazzonata e confusa, che dev’esser mascherata da paroloni che nemmeno l’indiscusso talento dello scrittore riesce a porgere all’intelligenza dei lettori.
Andy Kubert dalla sua, anche alle chine, svolge diligentemente un lavoro su oltre 200 pagine, drammatizzando lo stile di Barry Windsor-Smith, e del Bernie Wrightson dei racconti dell’orrore – ma, quando insegue la sobrietà di Dave Gibbons, manca di rigore.
Grande prova di Richard Isanove ai colori digitali, che, vero, abusano dei tratteggi elaborati con filtri elettronici, e pure l’artista possiede una tavolozza al servizio della trama [i salti repentini di scene/ambienti sono compresi con l’alternarsi delle tonalità dominanti], e soprattutto, come una partitura musicale, nei momenti cruciali [annuncio, climax, e conclusione del pathos], ci conduce attraverso la drammaticità degli eventi.
La causa del tutto è una perturbazione nello spazio-tempo, che ha portato il “precursore” del ventunesimo secolo in questa epoca che non gli si addice, ma che non vuole abbandonare. I nostri super-eroi [è il caso di dirlo] - dopo molte peripezie, viaggi per terra e per mare, rendendo inoffensive le più diverse minacce collegate, ma anche in segreto conflitto, tra loro –, dopo morti e rinascite [ci rimette platealmente la pelle persino la regina Elisabetta] -, riusciranno a sistemare le cose, forse con improbabili, implicitamente annunciati, sviluppi futuri [il finale è aperto].
Originale tentativo di Neil Gaiman, al suo primo lavoro importante per
I topos della Silver Age ci sono tutti [non mancano ragni radioattivi, mutanti buoni e cattivi, ciechi dotati di ultrasuoni, mostri verdi che, prima di un’esplosione che ne scatena la furia, erano timidi e “normali”], così la narrazione, soprattutto nella prima parte, è intrigante e ricca d’attese. Gaiman sceneggiatore non manca di citare il William Shakespeare dell’Enrico V, l’Alan Moore di Watchmen, e certo cinema videoclip degli ultimi anni – ma l’espediente d’interrompere continuamente l’azione nei momenti “clue” sa più di telenovelas – ed il finale scade nelle più scontate “Secret Wars”, venendo a mancare l’elemento sorpresa d’una spiegazione globale [che arriva poco dopo metà dell’opera], talmente raffazzonata e confusa, che dev’esser mascherata da paroloni che nemmeno l’indiscusso talento dello scrittore riesce a porgere all’intelligenza dei lettori.
Andy Kubert dalla sua, anche alle chine, svolge diligentemente un lavoro su oltre 200 pagine, drammatizzando lo stile di Barry Windsor-Smith, e del Bernie Wrightson dei racconti dell’orrore – ma, quando insegue la sobrietà di Dave Gibbons, manca di rigore.
Grande prova di Richard Isanove ai colori digitali, che, vero, abusano dei tratteggi elaborati con filtri elettronici, e pure l’artista possiede una tavolozza al servizio della trama [i salti repentini di scene/ambienti sono compresi con l’alternarsi delle tonalità dominanti], e soprattutto, come una partitura musicale, nei momenti cruciali [annuncio, climax, e conclusione del pathos], ci conduce attraverso la drammaticità degli eventi.
1 commento:
L'universo 1602 ebbe un seguito tuttora in corso
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